“Mi chiedi del tempo Marielle? Se è in continuo movimento, se ci cambia, se scorre. Oh si, certo che scorre! Ma il resto, sai, è tutto affar nostro. C’è chi si illude di rimaner fermo, immobile e immutabile, c’è chi cerca affannosamente di anticiparlo, di corrergli incontro e c’è anche chi ci passeggia assieme. La verità è che ognuno di noi può in qualche modo attraversarlo. Ma si, ma si, anche quando capitano cose molto dolorose, anche quando capitano cose come quelle accadute alla mamma o a Claude o a Odette.
Quando ti capita qualcosa, qualunque cosa, che ti fa molto male, c’é un momento iniziale, in cui hai uno sprazzo di lucidità, non é la lucidità della comprensione, ma quella della visione. Un pó come quel momento prima di morire, quello che tutti descrivono così nei film o nei romanzi, l’attimo in cui vedi tutta la tua vita davanti. La vedi, punto. Poi arriva un altro momento. Non é dato sapere quanto possa durare, ma é il momento più cruento per quanto tu non abbia percezione di quanto lo sia nel presente in cui lo vivi. Ti sembra di riconoscere le emozioni che stai provando ma, in verità, non sei in grado di distinguerle nemmeno l’una dall’altra, sono fuse, sciolte e mischiate in ciò che stai attraversando. È come se fosse un enorme incendio in cui il fuoco ed il fumo portano via pezzetti di te e in cui tu, nell’affannosa quanto inutile ricerca di trattenerli, cerchi di afferrarli ma non riesci mai a rimetterli dove erano e finisci così per assomigliare a qualcosa che non sei, che ti è estraneo cosicché, alla fine, non sarà il fuoco o il fumo, ma te stessa a rigettare quelle parti andate via. Già perché poi, prima o poi, arriva quel momento in cui ancora non sai bene chi sei, nuda senza gli stracci che ti affannavi a trattenere, ma finalmente nuda, per tua scelta. É quello il momento in cui riesci a vedere ciò che pensavi di vedere anche prima, ma che era confuso come i tuoi stessi occhi quando ancora non riuscivi a piangere. Pensaci, bambina mia, quante volte il nostro sguardo é più confuso e contratto nell’attimo immediatamente precedente alle lacrime ancor più di quando, poi, il pianto viene giù?
In fondo siamo come dei pozzi no? Abbiamo bisogno di tanta e tanta acqua per far emergere ciò che nascondiamo nelle nostre profondità, per farlo brillare alla luce della luna, in quelle notti in cui finalmente vedi solo te. Ma arriva, arriva quel momento, stai tranquilla, abbi fede, bambina mia. Ed é in quel momento che riconosci te stessa, ciò che hai provato, ciò che hai vissuto. Forse non ti riconosci più per come eri, avendo perso vari pezzi, forse non stai meglio perché il dolore, poi, è di certo più pesante di un vestito, ma riesci a vedere. Distingui ciò che sei, ciò che sei stata, ancora forse non ciò che sarai. Ma è in questo momento che puoi iniziare a lavorarci su, ma pian piano, senza strappi, perché indosso ora hai solo la tua pelle. E se dovessi avere, ogni tanto, dei brividi di freddo, abbracciati, riscaldati, ascolta il battito del tuo cuore. Pensiamo sempre che la testa sia più lucida, più forte, ma in fondo é lui, il cuore, quello che non hai mai smesso di battere, che non ha mai perso la sua regolarità, neanche quando la mente andava in corto circuito. Ascoltalo, carezzalo. E semmai ti dicesse che vuol tornare indietro, spiegagli che può farlo. Oh si, piccola mia, non guardarmi cosi, puoi farlo di certo! Puoi fare ogni cosa che vuoi, andare avanti, di lato, indietro! Scoprirai che non vuol dire nulla, comunque ti muovi verso il futuro. Tu sei differente ed anche il mondo intorno a te é differente, come puoi pensare che sia rimasto immutato? E semmai il tuo passato avesse una sola occasione, sarai tu a dargliela, ma è nel futuro che può giocarsela, non di certo nel passato. Già, esatto, perché é passato, ma non finito. Non sempre il passato significa non ci sarà, non sempre il presente significa c’é, non sempre il futuro significa non c’è stato”.
